Roma ha il merito di aver concepito, prima al mondo, la possibilità di concedere la cittadinanza ai popoli assoggettati. Addirittura Caracalla arrivò ad estenderla a tutti gli abitanti dell’Impero – e quindi a tutto il mondo all’epoca conosciuto – nel 212 c.C., con la Constitutio Antoniniana.
C’è da chiedersi se l’imperatore fosse dotato di una particolare sensibilità al riguardo, essendo figlio di una siriana e di un africano, ma di fatto la sua decisione pose fine a secoli di rifiuto, di schiavizzazione e di dominio sull’altro. Se si considera che i greci si vantavano della loro superiorità sui “barbari”, e che gli ebrei si consideravano “popolo eletto” dal punto di vista religioso, può sembrare incredibile che Caracalla abbia voluto l’integrazione di tutti i non-romani a patto che accettassero le leggi di Roma. L’Impero ebbe anche l’abilità di inculcare l’orgoglio della cittadinanza: civis romanus sum è una frase che San Paolo stesso pronunciò con fierezza.
Ancora oggi Roma resta l’unico modello di civiltà multiculturale realizzato sotto l’egida del diritto romano, ma nel rispetto delle tradizioni locali. E’ pertanto deplorevole che, tra i tanti anniversari che ricorrono ogni anno, nel 2012 non sia stato dato il giusto risalto a uno dei centenari più degni di essere celebrati, quello della Constitutio Antoniniana. Pur non volendo fare paragoni tra circostanze storicamente così differenti, il richiamo al 212 d.C. avrebbe dovuto assumere un’evidenza del tutto particolare in un’epoca in cui l’accoglienza dell’altro è diventata un problema con cui siamo quotidianamente costretti a confrontarci.

Alessandro Viscogliosi