L’assunzione del nobile bolognese Brancaleone degli Andalò alla carica di senatore, nel 1252, sancisce per Roma l’inizio di una fase ricca di fermenti, che pur con diverse declinazioni si sviluppa fin quasi alla metà del secolo successivo, concludendosi con l’esperienza di Cola di Rienzo e dei suoi immediati epigoni. L’affermazione del primo “regimento popolare” del comune è il segno di un notevole rafforzamento delle istituzioni municipali fondato su un rinnovato orgoglio civico, che si alimenta sovente del mito della dignitas imperiale, di cui spesso si trova riscontro nelle testimonianze letterarie.
Il Campidoglio diviene in questo quadro l’epicentro di un serrato confronto che vede protagonisti da un lato i grandi lignaggi baronali, alla ricerca di una stabile egemonia sulla città, dall’altro le forze legate alla nobiltà cittadina e soprattutto ai mercatores romani, che costituivano la parte più dinamica della società urbana. In questa dialettica si inseriscono anche componenti estranee all’humus locale, che contribuiscono ad animare la scena cittadina. Papi e cardinali francesi, ma anche la prolungata influenza angioina giocano un ruolo significativo, non soltanto nell’orientamento delle dinamiche politiche, ma anche su un piano culturale.
Il polo capitolino, quelli pontifici del Laterano e del Vaticano, le grandi fabbriche mendicanti, ma anche i complessi delle consorterie baronali sono gli scenari privilegiati di un rinnovamento che investe diffusamente lo spazio urbano, anche nelle componenti più qualificate dell’edilizia residenziale, mutandone in misura sostanziale l’immagine.

Guglielmo Villa