Wolfang Goethe

Da Viaggio in Italia

2 febbraio 1787.

Passeggiare per Roma in pieno chiarore lunare è cosa talmente bella che chi non l’ha veduto, non può farsene un’idea. Tutti gli oggetti vengono avviluppati da grandi masse di luce e di ombra e solo le grandi masse sono visibili all’occhio. Sono già tre notti che noi ci godiamo questo spettacolo splendido e luminoso, spettacolo che davanti al Colosseo supera qualunque immaginazione. Di notte viene chiuso, solo un eremita abita in una piccola chiesetta, mentre i mendicanti invadono le volte ruinate. Costoro avevano acceso un fuoco sul pavimento levigato; una leggera brezza spingeva il fumo nell’arena, di modo che la parte bassa delle rovine ne era coperta ed i prodigiosi muri in alto si protendevano oscuri. Noi eravamo appoggiati ad una ringhiera e guardavamo il fenomeno; la luna immobile nel cielo era limpidissima. Lentamente il fumo strisciò attraverso le pareti, i pilastri e le aperture, mentre la luna lo colorava come una nebbia. Era uno spettacolo magico. Così bisogna vedere illuminati il Pantheon ed il Campidoglio, San Pietro e tutte le altre piazze e strade di Roma. E così anche il sole e la luna, come l’ingegno umano, hanno qui un ufficio ed un compito diverso da quello che hanno altrove; qui si offrono a loro masse prodigiose e pure, perfette.

 

Edmond e Jules Goncourt

Da Madame Gervaisais, 1869

Un cielo azzurro, dove ella credette vedere la promessa di un eterno bel tempo; un cielo azzurro, di quell’azzurro leggero, dolce, lattiginoso che la pittura a guazzo da un cielo d’acquarello; un cielo infinitamente azzurro, senza una nube, senza una macchia, senza un’ombra; un cielo profondo, trasparente, etereo; un cielo che aveva la chiarezza cristallina dei cieli che si riflettono nell’acqua, la limpidezza dell’infinito fluttuante su un mare meridionale; quel cielo romano al quale il vicino Mediterraneo e tutte le altre cause ignote della beatitudine celeste fanno conservare per tutto il giorno la freschezza, la gaiezza dell’ora mattutina.

 

André Gide

Da I nutrimenti terrestri, 1897

…Quella terrazza del Pincio sembra un palco eretto dalla mano dell’uomo riconoscente, per ammirare lo spettacolo più grandioso che un Dio d’amore possa offrire alle sue creature. Sì, riconoscente, o mio Dio, che a distoglierci dalla frivola malignità e a infonderci un sacro disprezzo delle miserie, fra le quali passa insulsamente inutile la nostra vita, ci donasti questo sterminato oceano di luce, quest’aria pregna dell’olezzo dei fiori, quell’infinita ricchezza di colori e di forme in cui la nostra anima si scuote e si adora!…

 

Gabriele D’Annunzio

Da Il piacere, 1889

Splendeva su Roma, in quella memorabile notte di febbraio, un plenilunio favoloso, di non mai veduto lume. L’aria pareva impregnata come di un latte immateriale; tutte le cose parevano esistere d’una esistenza di sogno, parevano imagini impalpabili come per un irradiamento chimerico delle loro forme.
La neve copriva tutte le verghe dei cancelli, nascondeva il ferro, componeva un’opera di ricamo più leggera e più gracile d’una filigrana che i colossi ammantati di bianco sostenevano come le querci sostengono le tele dei ragni. Il giardino fioriva a similitudine d’una selva immobile di gigli enormi e difformi, congelato; era un orto posseduto da una incantazione lunatica, un esanime paradiso di Selene.
Muta, solenne, profonda, la casa dei Barberini occupava l’aria: tutti i rilievi grandeggiavano candidissimi gittando un’ombra cerulea, diafana come una luce; e quei candori e quelle ombre sovrapponevano alla vera architettura dell’edifizio il fantasma d’una prodigiosa architettura ariostéa.
Un orologio sonò da presso, nel silenzio, con un suono chiaro e vibrante; e pareva come se qualche cosa nell’aria s’incrinasse a ognun de’ tocchi. L’orologio della Trinità dei Monti rispose all’appello; rispose l’orologio del Quirinale; altri orologi di lungi risposero, fiochi.

 

Valentino Zeichen

 

Gli allibratori che accettavano

scommesse sugli stili vincenti

morirono prima di fine secolo.

Il Novecentismo sovvertì i pronostici,

rimontò il Razionalismo

e vinse per qualche lunghezza.

Sull’esempio della luce

che asseconda – non sempre –

la curvatura dello spazio,

il genio italico trovò

la quadratura del cerchio

e al quartiere EUR innalzò

un “Colosseo quadrato”.

Residenza del vuoto,

remora di colombario,

canone Dracula

per i ricorsi futuri

del Post-Modern.

 

Mario Luzi

Ricordare Aldo Moro

 

Acciambellato in quella sconcia stiva,

crivellato da quei colpi,

è lui, il capo di cinque governi,

punto fisso o stratega di almeno dieci altri,

la mente fina, il maestro

sottile

di metodica pazienza, esempio

vero di essa

anche spiritualmente: lui –

come negarlo? – quell’abbiosciato

sacco di già oscura carne

fuori da ogni possibile rispondenza

col suo passato

e con i suoi disegni, fuori atrocemente –

o ben altro l’occhio

di una qualche silenziosa lungimiranza – quale?

non lascia tempo di avvistarla

la superinseguita gibigianna.